Mosaico di uno stile non dissoluto ma alla ricerca del bello | Mattia Brogno | Il centro del campo è solitamente presieduto da uomini cerebrali, creativi. O dinamici, e aggressivi. Ci sono centrocampisti che si occupano di regia, oppure specializzati nella frammentazione del gioco avversario; e ci sono i box to box, i palleggiatori. E c’è – o, meglio, calcisticamente parlando, c’era - Claudio Marchisio, che ingloba in soli – si fa per dire – 184 cm una sfaccettata serie di tipologie. I calciatori duttili ma sopratutto eleganti destano una passione in chi scrive già presente dalla fase si adolescenziale. Ammettiamo di aver avuto una cotta per il mai-pienamente-sbocciato Adrien Rabiot, che, nonostante la stazza non esattamente esigua e trascurabile, mostrava una finezza con la sfera in possesso ed una leggiadria nelle movenze paragonabile all’incipit di Arancia Meccanica. Sì, il riferimento va al primo piano sullo sguardo di McDowell, composto ma provocatorio, all’interno del Koroba
| Tobia Cimini | Da giorni il mondo si muove frastornato, a volte anche infastidito, dalla morte di Diego Armando Maradona. Qualcuno col groppo in gola che non sembra volersi snodare, qualcun altro improvvisamente ridestato dalla sua abituale indifferenza verso l’universo del pallone, qualche altro ancora agitato da un’insofferenza inestinguibile perché il mondo, soprattutto di questi tempi, dovrebbe aver di meglio a cui pensare. Tutti, comunque, investiti da un evento inaspettato. Chi o cosa sia stato Maradona è difficile da definire, come tutte le cose grandi. Ma di sicuro è stato qualcosa per tutti, senza distinzioni, come tutte le cose grandi. Si è spinto al di là, molto al di là, dei confini dentro cui si muove normalmente un calciatore. Chi vi scrive, ad esempio, non ha mai avuto la possibilità di apprezzarlo in attività, ma non per questo è rimasto immune – parola quantomai significativa in questi mesi – all’aura che ancora oggi, a giorni dalla sua morte, el Diego ha attorno