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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Rio Ave-Milan: il valore della Fortuna

Il racconto di una delle partite più insensate di sempre: il pàthos, la sofferenza, la beffa, il dolore, e soprattutto la fortuna.


È il primo ottobre 2020. A Vila do Conde, comune portoghese nel distretto di Porto, non è una giornata come le altre. Alle 21 il Rio Ave, la squadra rappresentante dei Vilacondenses, ospiterà il Milan per strappare la seconda qualificazione della propria storia ai gironi di Europa League.

A Milano invece, sponda rossoneri, regna la calma: il diavolo è imbattuto da sedici gare consecutive, la miglior striscia dal lontano 1996, e il Rio Ave, che ha cominciato il campionato con due pareggi striminziti, non sembra rappresentare un serio ostacolo. Nel pomeriggio della sfida, Pioli sorprende tutti: al posto di Zlatan, fuori per Covid, a guidare l’attacco c'è il giovanissimo Daniel Maldini, preferito a Lorenzo Colombo, classe 2002, che nel turno precedente era andato in gol contro il Bodø/Glimt. Una mossa piuttosto azzardata che sembra peccare di hybris, che sottovaluta un avversario che farà di tutto per infrangere col caos la calma di superiorità che imperversa nell’ambiente milanista.


L’Europa League, si sa, è una competizione particolare. È quella competizione che prima di giocarla sembra solo un fastidioso peso, un’inutile fatica che spreme i giocatori in vista delle più importanti partite di campionato; quando poi l’arbitro fischia l’inizio, sa regalare emozioni che la avvicinano di molto alla sua gemella regina, la Champions League, e in alcuni casi, per páthos e drammaticità, la superano.


Sono le 21:00, su Vila do Conde inizia ad abbattersi una tempesta infernale, e ha inizio Rio Ave-Milan. Se il primo tempo fosse un film, avremmo molto da ridire: sceneggiatura piatta, dialoghi soporiferi, pochi colpi di scena. Il Milan però è irriconoscibile rispetto alle recenti uscite: Çalhanoglu, il giocatore più importante dei rossoneri in assenza di Ibra, fatica a incidere; Castillejo riesce nell’impresa di sbagliare tutte le giocate che prova, e Maldini finisce soffocato dalla morsa dei due navigati centrali del Rio Ave. I piani di Pioli si complicano, la tranquillità dell’animo milanista si spezza, e la partita inizia ad assumere una forma totalmente inaspettata.


Nel secondo tempo l’allenatore del Milan prova a dare una scossa alla squadra: fuori un’impalpabile Castillejo, dentro Brahim Díaz, il giovane talentino arrivato questa estate in prestito dal Real Madrid; il trequartista spagnolo, grazie alla sua classe e ai suoi dribbling con pallone sempre incollato al piede, dá una nuova linfa a un attacco milanista fino ad allora privo di estro.


È proprio Díaz che con un’iniziativa personale di alta scuola guadagna il calcio d’angolo che propizia il vantaggio del Milan a firma di Saelemaekers: l’esterno belga stoppa di petto al limite dell’aria e mette la palla all’angolino con un bel destro di controbalzo. Il peggio sembra passato, il Milan é riuscito a sbloccarla, e ora sembra poter agevolmente gestire il vantaggio. Al 66’ Rafael Leão subentra a un deludente Daniel Maldini, e dopo pochi minuti si guadagna una punizione dai venti metri dopo una progressione in cui mostra tutto il suo talento: il tiro di Çalhanoglu viene deviato ed esce di un soffio, si rimane sull’1-0. Ma con un’estemporaneità degna del colpo di scena nella celeberrima scena della doccia in “Psycho”, al 72’ Geraldes, appena entrato, realizza il pareggio con un sinistro secco che rende merito all’assist di Lucas Piazón, sì, proprio il Lucas Piazón che il Chelsea ha mandato in prestito per un decennio. È 1-1, e il Milan ha ora venti minuti per scongiurare i tempi supplementari e conquistare una qualificazione che sembrava scontata. I rossoneri continuano a faticare nella produzione di azioni offensive, e la vivacità  di Brahim e Leão col passare dei minuti si affievolisce; i padroni di casa intuiscono le difficoltà della squadra di Pioli e fiutano l’impresa storica in quella che, per molti di loro, è la partita più importante della propria vita. Dopo venti minuti in cui il Milan trotterella incapace di creare azioni veramente pericolose - tolto un tiro al volo di Čalhanoglu che esce di poco - al 91’ Santos sfiora il gol del clamoroso 2-1.


Per la prima volta nel corso di una serata che si preannuncia infinita, il Milan rischia di andare a tappeto. Si va ai supplementari. Nei pochi minuti che intercorrono tra il termine del secondo tempo regolamentare e l’inizio del primo supplementare, i giocatori del Milan, inquadrati, manifestano tutta la loro incredulità: Çalhanoglu, stremato, riceve massaggi a terra, e i volti dei compagni presagiscono una partita non più in mano ai rossoneri: può succedere di tutto. I giocatori del Milan non fanno nemmeno in tempo a rendersi conto di essere giunti ai supplementari, che già si trovano sotto; un clamoroso rimpallo col pallone che sbatte sullo stinco di Kessié favorisce Dala, esterno entrato nel secondo tempo, che con un sinistro secco incrociato trafigge Donnarumma. È un colpo pesantissimo. Il Milan, che ancora doveva superare lo shock del solo fatto di essersi ridotto ai supplementari con una squadra a dir poco modesta, si ritrova addirittura a inseguire il risultato. Quella che sembrava solo una formalità, rischia di trasformarsi in un dramma sportivo che condannerebbe i rossoneri a rinunciare all’Europa League e ai relativi quindici milioni utili per sbloccare le ultime operazioni di mercato. Il Milan non riesce a reagire, è un leone ormai domato, stremato, e sotto shock. Pioli prova a giocarsi la carta della disperazione: entra Lorenzo Colombo al posto di Saelemaekers, una delle poche note liete di giornata. Il prosieguo di primo tempo supplementare non regala alcuna emozione particolare: il Milan non sembra avere la forza di pareggiarla, e le poche occasioni create vengono vanificate da un Rafael Leão che, complici i pochissimi allenamenti alle spalle, fatica a reggersi in piedi. 


Nel secondo tempo Pioli inserisce Sandro Tonali, il promettente centrocampista che da sempre ha un debole per i colori rossoneri; il numero 8 entra con il piglio giusto e garantisce verticalità alla squadra, che finalmente inizia a rendersi pericolosa alzando prepotentemente il baricentro. Al 118’ proprio Tonali sfiora il gol con un sinistro da fuori che finisce alto. Non c’è più tempo per i fraseggi, per il Milan è ora di buttare la palla lunga e pregare. Se esiste quella che Manzoni chiamava Provvidenza, nella notte di Villa do Conde essa si è impersonata in Lorenzo Colombo, che al 120’ spizza di testa la più classica delle palle lunghe; Borevkovic, smanacciando goffamente il pallone, regala al Milan la possibilità di riacciuffare una partita che sembrava, ancora una volta, finita. Non ci sono Ibra e Kessié, e sul dischetto deve presentarsi Hakan Çalhanoglu, uno dei giocatori più emotivi della rosa allenata da Stefano Pioli; il turco ha il compito di impreziosire un inizio di stagione strepitoso, dimostrando di aver fatto un salto di qualità anche a livello mentale. Il rigore è magistrale: una rasoiata all’angolino su cui Kieszek non può nulla manda i rossoneri ai rigori. C’é ancora vita. 


La lotteria più insensata del mondo


Di qui in poi, come se un pareggio al 120’ non bastasse, tutto quello che accade ha dei contorni epici e tragici che renderanno questo Rio Ave-Milan una partita assolutamente leggendaria. 

Le telecamere, crudeli, non indugiano a inquadrare il disperato Borevkovic, che rischia di rovinare la serata più importante della storia del Rio Ave; sempre a proposito di inquadrature, un breve piano sequenza ci regala tutta la sofferenza di Mário Silva, allenatore dei Vilacondenses, che se al vantaggio dei padroni di casa si mostrava platealmente incredulo, ora appare rassegnato a una beffa dolorosissima. Appurato che le inquadrature sono da Oscar, gli effetti speciali non si rivelano da meno: quello che a inizio gara sembrava un innocuo diluvio si è trasformato in una gelida tempesta che restituisce metaforicamente alla perfezione lo stato emotivo delle due squadre in procinto di battere i calci di rigore. 


Borevkovic, in assenza del quale i rossoneri sarebbero già tristemente in volo verso Malpensa, è stato espulso, e per una regola che vige da pochi anni il Milan è costretto ad escludere un giocatore dalla lista dei tiratori: viene escluso, probabilmente senza pensare all’eventualità che si possa arrivare a far calciare i portieri, Matteo Gabbia; ma si sa, quando gli dei si stanno divertendo, difficilmente decidono di tirare i remi in barca e al contrario, perseverano nel prendersi gioco degli esseri umani. La serie di calci di rigore tra Rio Ave e Milan è uno degli eventi più allucinanti, insensati e drammatici della storia del calcio recente. Nelle prime sette serie, tutti e quattordici i giocatori vanno in gol; addirittura, al rigore da dentro o fuori per il Rio Ave, Filipe Augusto fa uno scavetto totalmente privo di senso che tiene in vita i portoghesi. Dal quattordicesimo rigore in poi, gli dei, che probabilmente si erano addormentai (si sono fatte le 23:30) tornano a divertirsi e scatenano un delirio che suscita nei tifosi milanisti risate isteriche colme di pàthos. Sul dischetto si presenta Lorenzo Colombo, l’uomo della Provvidenza, ma comunque classe 2002, che, comprensibilmente, si fa prendere dall’emozione e spara il pallone alto; per la terza volta il Milan sembra sportivamente morto, ma in una notte simile, specialmente se si tratta di una competizione folle come l’Europa League, non si devono mai escludere sorprese; Monte calcia il rigore che potrebbe eliminare il Milan: la palla sbatte sul palo interno e percorre tutta la linea senza mai decidersi ad entrare, salvo poi colpire l’altro palo e uscire. Se gli dei stanno veramente orchestrando le sorti di questa partita, lo stanno facendo con una sciarpa rossonera al collo che li copre dal vento gelido di Villa do Conde. Nemmeno la nona serie di rigore è in grado di decretare un vincitore: Leão, che si presenta sul dischetto ciondolando, segna con molta poca convinzione un rigore centrale, e Pinto risponde per i portoghesi, complice una mezza papera di Donnarumma. Siamo incredibilmente giunti ai portieri. I tifosi del Milan, da casa, si stropicciano gli occhi per capire se sia solo un sogno molto confuso o se il calcio possa davvero offrire così tanta follia all’interno di una sola partita. Gigio calcia alto, ma non ha nemmeno il tempo di disperarsi, che già deve tornare in porta per provare a salvare la sua squadra da una fine che sembra ormai inevitabile; è sfida tra portieri, Kieszek si prepara a calciare, e con la spocchia di chi vuole insegnare a Gigio come si calcia un rigore, tenta incomprensibilmente di metterla all’incrocio: la palla è alta. Per la quarta volta, il Milan, risorge dalla sue ceneri. Intanto il diluvio, ormai fattosi tempesta, continua a crescere di intensità, e i giocatori del Milan sembrano patirlo in modo particolare: Theo Hernandez, accovacciato e di spalle rispetto all’area di rigore, si preme con le braccia sullo stomaco; Tonali prega con mani giunte con sguardo rivolto verso l’alto; Çalhanoglu, coperto da un poncho bluastro, sembra reduce da una guerra decennale. 


È il ventitreesimo rigore, Simon Kjaer sistema il pallone per la seconda volta nel corso della serie: il danese, già di per sè un giocatore freddo, forse aiutato dalla temperatura gelida, segna nuovamente calciando un rigore forte e centrale. La pressione ora è tutta su Santos, centrale del Rio Ave autore di un’ottima prestazione. Fischio dell’arbitro, rincorsa lunga: Gigio para con la manona sinistra. Il Milan è ai gironi di Europa League. Il Rio Ave è eliminato.


L’epicità di questa partita è stata perfettamente resa da un Tweet di Paolo Condò:


L’umanità si dividerà da oggi in due categorie: chi ha visto i rigori di Rio Ave-Milan e chi ha mantenuto intatta la propria sanità mentale


In effetti si è trattato di una partita certamente non spettacolare da un punto di vista tecnico-tattico, ma pregnante come poche dal punto di vista emotivo. È stata una partita che definisce alla perfezione quella che è l’essenza ontologica del calcio: il pàthos, la sofferenza, la beffa, il dolore, e soprattutto la fortuna. Il Milan è passato perché ha avuto tanta fortuna, e non bisogna vergognarsi di dirlo. Se il rigore di Monte, anziché pascolare sulla linea e colpire i due pali, fosse entrato, il Milan oggi sarebbe fuori dall’Europa; e invece la dea Fortuna esiste, e che lo si voglia accettare o meno, avrà sempre un ruolo preponderante nelle sorti dell’uomo. Come diceva Woody Allen in quel capolavoro di film che è "Matchpoint":


Chi disse 'preferisco avere fortuna che talento nella vita' percepì l’essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte, in una partita, la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro; con un po’ di fortuna, va oltre e allora si vince. Oppure no... e allora si perde.



 

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