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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Il vento capitolino

| Mattia Brogno |

Cos'è la Roma di Fonseca, oggi?



Francamente non ho mai amato utilizzare delle macro aree di riferimento per descrivere e comprendere il circostante: detesto etichette e definizioni. La nostra capacità di cogliere la realtà è variata subitaneamente nel corso degli ultimi tempi, e, pur essendo d'accordo nell'attribuire una parte consistente delle colpe al web ed alla digitalizzazione, credo che una delle ragioni principali sia la qualità di ciò che leggiamo e ascoltiamo.
Che sia sport piuttosto che politica, fatti di cronaca piuttosto che economia, é ormai consuetudine vedere ogni argomento riposto in dei macabri compartimenti stagni; essi uccidono ogni vero ragionamento critico, articolato ed ogni espressione lontana dalla superficialità.
Ritengo essenziale questo prologo per parlare di ciò che é oggi la Roma di Fonseca: una squadra che, al di là di quello che alcuni paralogismi vogliono farci credere, è ancora lontana dall'interiorizzare l'identità che cerca di trasferirle l'allenatore. E finché sarà così, assisteremo ad una squadra costretta ad essere, anche contro avversari inferiori dal punto di vista tecnico, prettamente reattiva. I giallorossi non creano il contesto ma cercano di adattarsi ad esso nel modo migliore possibile, anche se ciò non accade con frequenza - ne é un chiaro esempio il derby, dove pur non adottando un particolare piano gara, il tecnico ha comunque optato per un baricentro molto più basso del solito.

L'approccio sul terreno
Fonseca predilige una manovra ragionata dal basso, con la Salida Lavolpiana del mediano tra i due centrali, al fine di creare superiorità numerica e superare la prima linea di pressione, per poi generare propedeuticamente supremazia posizionale durante l'azione. Gli esterni bassi non hanno ruoli creativi ne particolari responsabilità all'interno dello scacchiere tattico - a differenza della gestione Di Francesco -, se non quello di attaccare senza soluzione di continuità i corridoi laterali e dare ampiezza alla squadra; gli esterni alti cercano la ricezione tra le linee abbassando talvolta notevolmente il loro raggio d'azione, accentrandosi e attirando conseguentemente i difensori avversari.
É indispensabile nel sistema trovare sempre un uomo libero tra una linea a l'altra che faccia avanzare la manovra, e per farlo c'è bisogno, tra le altre cose, che i centrocampisti siano in grado di smarcarsi e offrire con dinamismo e continuità tracce di passaggio: proprio qui nasce uno dei problemi dei capitolini, ma andiamo per ordine.

La Salida Lavolpiana di Cristante è stata spesso vana e svantaggiosa, poiché la superiorità posizionale serve a poco se il portatore di palla non riesce a superare la prima linea avversaria tagliandola con un passaggio o progredendo con la sfera. Anche quando gli avversari non effettuano pressing all'inizio della manovra, il centrocampista non riesce a condurre palla e ad attirare la seconda linea avversaria così da smuoverla. Accade non di rado inoltre che anche Pellegrini si appiattisca sulla linea difensiva, e il risultato non é altro che una mole esagerata di sterili passaggi orizzontali. Non si creano vantaggi posizionali, addirittura é la Roma stessa che si destruttura già in fase d'impostazione dal basso. E pur magari riuscendo ad arrivare in maniera pulita negli ultimi 30 metri, specie contro avversari tecnicamente inferiori, non riescono in egual misura ad occupare con successo gli half spaces e ad offrire più soluzioni di scarico al portatore. Affidarsi a giocatori istintivi e verticali - vedi Zaniolo - é una scelta che non premia se i principi di gioco rimangono gli stessi.


Il peso di Edin Dzeko


Dopo un'estate tormentata in cui la sua permanenza a Trigoria appariva improbabile, l'assaltatore bosniaco è tornato immediatamente ad essere determinante con un goal, alla prima giornata, eccezionale.
L'essenzialità di Edin si nota sopra tutto nella qualità e nell'intelligenza dei fraseggi con i trequartisti, nel dialogo che riesce ad edificare con loro fino a risultare, addirittura, determinante per le prestazioni dei propri compagni.
Le scelte di passaggio, le capacità di sponda e la tendenza naturale ad essere un punto di riferimento: il repertorio del gigante di Sarajevo è immenso. E bisogna farci caso; le migliori performance dei trequartisti avvengono, di solito, parallelamente ai migliori periodi forma dell'attaccante.
L'adiacenza del suo gioco alle richieste ed alle idee di Fonseca é altissima, non c'è alcun dubbio, tanto da rappresentare oggi l'unico titolare inamovibile della rosa.

Possibili evoluzioni
"Dimentichi quello che vuoi ricordare. E ricordi quello che vuoi dimenticare". Scriveva così Cormac McCarthy nel suo romanzo "The Road", vincitore del Pulitzer per la narrativa nel 2007. Ho sempre pensato di utilizzare questa frase come una sorta di assioma da applicare nel mondo del calcio, per due semplici ragioni.

#1 Distogliere l'attenzione da ciò che sarebbe necessario limare e correggere é il primo passo per il fallimento. Distogliere lo sguardo da meccanismi che strutturalmente non funzionano pensando, ingenuamente e istintivamente, di poter rimediare rattoppando volta per volta, é profondamente pericoloso.

#2 La condizione psicologica dello spogliatoio é inesorabilmente collegata agli aspetti tecnici e tattici: per la riuscita di ogni gesto con o senza palla c'è una cosa con cui fare i conti: l'equilibrio mentale, la serenità, la fiducia nei propri mezzi. Periodi negativi, pressioni eccessive e quant'altro, dovrebbero essere vissuti con la giusta dose di leggerezza - direi che Kundera é sempre attuale e utile - e ove ciò non sia possibile, bisognerebbe, ad ogni modo, gestirli in modo consono, con l'aiuto di un mental coach. Semplice solo in teoria. I livelli di stress presenti oggi nel professionismo sono elevatissimi e spesso incontrollabili. In una piazza come Roma, poi, il tutto si complica ulteriormente, a volte anche nell'arco di poche ore.

Il proseguo della stagione romanista dipenderà molto dalla voglia e dall'abnegazione che emergerà per limare i problemi strutturali e assimilare realmente aspetti come, ad esempio, il pressing alto attaccando la verticale della palla, il gioco posizionale sin dall'inizio della manovra e via discorrendo. E sarà dipeso anche dalla fiducia della piazza e dell'ambiente; il tutto é come un tubetto di maionese che potrebbe impazzire e schizzare da un momento all'altro. Con gli effetti nefasti di cui siamo a conoscenza.
Ma il bello é altro: quello di cui non siamo a conoscenza.
E le premesse per colpi di scena e sorprese ci sono tutte.

Non resta che aspettare.

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