| Federico Sborchia | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana...
di Paolo Brescia
Il colpo di Eder, le lacrime di CR7 (di dolore, amaro, e di gioia, poi), il pianto di un intera nazione che vedeva il trionfo a un passo. E il delirio di un popolo che quando scende in campo, lo fa sul serio ("non siamo 11, siamo 11 milioni", così recita il motto portoghese). Tutte le caratteristiche di una finale di Europeo che come sempre affascina per ciò che sta attorno al calcio giocato. Con qualche folata di tecnica e gioco, per fortuna. La folata è il golazo di Eder, quello sbagliato, abbiamo pensato in Italia. Gol di istinto e bravura, al 108'. Una folata, appunto, in pieno stile lusitano. Dopo sofferenze, tante, culminate col palo francese di Gignac al 92'. Palo, sì, come a dire "non si passa, tornate un'altra volta". La voglia di vendicare il terribile ko in finale del 2004 ha prevalso, contro una Francia che non ha impostato la gara cercando di pungere subito e poi arroccarsi, per far cambiare gioco ai portoghesi. Certo, contro ha trovato la classe di Rui Patricio, inossidabile numero 1 lusitano.
Dunque sul trono d'Europa ci siede il Portogallo, per la prima volta, con negli occhi l'episodio di CR7. Costretto ad uscire per infortunio dopo 25' (giocati 15'), in lacrime. Nani ha preso in mano la squadra, e dopo il 90' il madridista ha fatto il vice Santos (un inciso, complimenti a Santos, anche per l'intuito. E' la sua vittoria!), spingendo i suoi compagni al meraviglioso titolo. In gol un semi-sconosciuto, un deludente. La storia la scrivono anche le riserve!
La Francia è rossoverde: i Blues, mesti, ritornano nelle loro case. A Lisbona, Porto, Braga, Coimbra...può iniziare la festa!
Il colpo di Eder, le lacrime di CR7 (di dolore, amaro, e di gioia, poi), il pianto di un intera nazione che vedeva il trionfo a un passo. E il delirio di un popolo che quando scende in campo, lo fa sul serio ("non siamo 11, siamo 11 milioni", così recita il motto portoghese). Tutte le caratteristiche di una finale di Europeo che come sempre affascina per ciò che sta attorno al calcio giocato. Con qualche folata di tecnica e gioco, per fortuna. La folata è il golazo di Eder, quello sbagliato, abbiamo pensato in Italia. Gol di istinto e bravura, al 108'. Una folata, appunto, in pieno stile lusitano. Dopo sofferenze, tante, culminate col palo francese di Gignac al 92'. Palo, sì, come a dire "non si passa, tornate un'altra volta". La voglia di vendicare il terribile ko in finale del 2004 ha prevalso, contro una Francia che non ha impostato la gara cercando di pungere subito e poi arroccarsi, per far cambiare gioco ai portoghesi. Certo, contro ha trovato la classe di Rui Patricio, inossidabile numero 1 lusitano.
La Francia è rossoverde: i Blues, mesti, ritornano nelle loro case. A Lisbona, Porto, Braga, Coimbra...può iniziare la festa!