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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Autorità, quando necessaria

| Paolo Brescia |

Mostrare autorità nei momenti necessari è il gioco di chi sa comandare. Proporla sempre ma non farla vedere quando tutti se l'aspettano è il lavoro di chi non è abituato a dominare.

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Non parlano ideologie ne avversioni contro l'una e contestuali amori verso l'altra: parla la neutralità dei fatti, che vogliono- al 4 dicembre- autoritare Inter e Juve. La prima, capolista meritevole (senza Coppe e non è un dato soggettivo, anche se lo sport resta sempre il calcio, direbbe qualcuno); la seconda vice di alto livello: gli occhi di tutti sono al 9, la sfida verità del momento, con maggio che seppure lontano, dovrebbe rispecchiare i binari di oggi, ormai.
Binari che vogliono, dunque, un'Inter che ora macina anche gioco (non guardate al Chievo come a una compagine di livello europeo, nemmeno però alla più debole tra le deboli), perchè sia Spalletti che l'organico entrando in relazione sempre migliore comprendono che "palla a Icardi e si esulta" è un ragionamento che non potrà perdurare: ecco che serve l'impostazione tattica: sta arrivando. La squadra è abbastanza fornita, in ogni reparto, e le cose si fanno interessanti.

Dietro segue il Napoli, appunto, quello della poca autorità nei momenti chiave. Quello che dopo il pari interno con l'Inter si accascia al suolo contro una concretissima Juve, ed è inutile nel nostro sport sciorinare i dati di possesso palla e supremazia territoriale perché il calcio non è una cronosquadre di ciclismo o un round di arti marziali. Lo accettiamo così com'è e ha bisogno del prezioso ingrediente del cinismo. 

La Juve (che segue le prime due, a 37) al San Paolo ha dato l'impressione di una volontà costante, consapevole, sapendo essere leone e gazzella (quella nel gruppo che si salva, però) allo stesso tempo, sapendo provocare, assestarsi in difesa e pungere in ripartenza. L'umiltà-autoritaria nel momento più utile della Serie A, rendendo vane per le avversarie le gioie post Marassi o dopo le varie situazioni di sofferenza: siamo davvero bravi a sbagliare le analisi sul gruppo juventino, e la critica va espressa anche (e soprattutto) nei confronti del popolo bianconero, avvezzo a critiche interne allucinanti, fuorvianti, spesso prive di motivazioni. L'uomo in panchina, Allegri, ha spostato gli equilibri di una Serie A che tutti abbiamo (noi, no, scusateci) definito allucchettata, o comunque indirizzata. Se l'indirizzo c'è (e noi diciamo che non c'è) va ricercato- ancora- a Vinovo e non a Castelvolturno, almeno questo dicono i numeri.

Dietro, a ruota (considerata la gara in meno), c'è l'ottima Roma di Di Francesco. Ottima perché piena di romanismo voglioso, quello della spinta di carattere, quello della pressione e della buona lena. Quello insomma di chi lavora bene in settimana e sa mettere la giusta forza gara a gara. Genova è stata un'ombra nelle più larghe e comode luci: si vede. Il passaggio di domani in Europa potrebbe divenirne conferma: di Francesco non solo ci sa fare (tatticamente) ma è anche un leader che non si è imposto col protagonismo, ma con l'evidenza dei fatti (supremazia, possibilità in alta quota, varietà della rosa utilizzata).

Sulla Lazio, che torna subito dietro, si potrebbero spendere parole dolci: prima squadra a vincere a Marassi, e dunque ancora imbattuta in trasferta in campionato, derby escluso; prima volta che riesce a vincere entrambe le sfide in Liguria; prima volta a 32 punti dopo 14 sfide. Sono sostanzialmente numeri asciutti, se slegati dal lavoro sul gruppo che sta facendo Inzaghi, che crede fermamente nel concetto di mentalità: creare la testa giusta porta poi ai risultati, il resto sono chiacchiere da bar: la Lazio potrà vincere o perdere ma non si arresta se vive il campionato con la condizione che sta richiedendo il suo mister. E questa è una cosa molto bella, in Serie A una rarità.

Chiudiamo, perchè il discorso salvezza si completa questa Sera), con il già mille volte citato primo punto del Benevento in A, frutto di una rete miracolo del portiere. La storia al Vigorito ha però ovviamente anche i vinti, non solo i vincitori. Se già tante volte abbiamo provato a dare a una immagine, a una sliding door, il nome di "peggior momento della storia rossonera" siamo poi rimasti delusi da altri fondali ancor più profondi. E' con probabilità concrete che ci troviamo in uno di questi. Basti questo, per ora, con le parole di Gattuso, povero condottiero ad interim di un gruppo costruito con mutui e incertezze: "nemmeno in sogno pensavo a una giornata così", che non è (più) una citazione post Berlino 06, purtroppo.



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