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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Monchi: luci e ombre, ma si poteva aspettare

| Lele Aglietti |

L'assenza di un progetto ben definito che sfocia in una realtà difficile da gestire e da vivere: è solo una storia che si ripete, così come si ripetono sentenze societarie arrivate spesso su due piedi, che a volte sembrano guidate più dalle richieste della piazza piuttosto che dal raziocinio.

Trovare un capro espiatorio è la cosa più semplice e non solo a Roma, ovunque; e ciò che manca alle società di oggi è, forse, il coraggio di portare avanti un progetto seppur dovendo affrontare delle difficoltà. A Roma prima saluta Di Francesco, poi Monchi. E l'opinione pubblica è bipartita tra chi vede l'ex Ds come responsabile di una stagione definita fallimentare e chi invece, in minor parte, alleggerisce il peso dello spagnolo scaricando responsabilità anche sull'ex allenatore.
Per certo, il più imputato nella diatriba è stato Monchi.
E allora potrebbe essere utile spingersi più a fondo nell'analisi dell'operato dell'ex DS; da principio, come potremo analizzare, errori sono certamente stati commessi ma è lecito porsi una domanda: è veramente tutto così drasticamente da buttare?

Nei due anni passati nella capitale potrebbero essere fatte sicuramente alcune distinzioni tra il modus operandi della prima stagione rispetto all'ultima, ma può risultare particolarmente utile fare un discorso generale più allargato, ragionando reparto per reparto sul lavoro che è stato fatto sulla Roma, dall'arrivo dello spagnolo.



Sul reparto difensivo: indubbia l'ottima operazione su Kolarov, portato a Roma lo scorso anno e semplicemente confermatosi nelle qualità che tutti hanno sempre riconosciuto, un rinforzo non da poco per la Roma ed i numeri di questa stagione parlano; dall'altra parte, buono l'investimento e la scommessa su Karsdorp, terzino di ottime qualità purtroppo tormentato dagli infortuni, che spesso si rivelano uno spettro; c'è bisogno di tempo, ma il lato tecnico probabilmente è indiscusso. 
La cessione di Ruediger non è recriminabile, 35 milioni per un calciatore certamente buono, ma ancora acerbo, difficilmente possono essere rifiutati. Assente all'appello, però, un nome importante per sostituirlo: Juan Jesus non è una certezza, a fronte della cessione fatta sarebbero serviti nomi più pesanti, se si vuole puntare in alto. Ed è la prima grande mancanza.
Più dietro, la partenza di Alisson forse inevitabile sia per la maxi offerta sia, probabilmente, per la volontà del giocatore; anche qui, però, sarebbe servito un nome più pesante per far fronte ad un addio non indifferente.

In mezzo al campo: Pellegrini è un buon investimento, a fronte dei 10 milioni spesi. 
Geniale, se si è in grado di ragionare un attimo, l'operazione Nainggolan: calciatore costretto ai saluti dopo le varie controversie, ceduto per una buona cifra e, soprattutto, ceduto portando a Roma un talismano come Zaniolo.



Pastore è un acquisto a cui va dato tempo: la cifra esborsata è sicuramente importante e per ora non ha entusiasmato, ma sono imputate prestazioni figlie di una condizione atletica non ancora recuperata, dettata in parte dai ritmi di una "Ligue 1" sicuramente più abbordabile rispetto al campionato italiano: a dimostrazione, fu la stessa cosa per Matuidi, proveniente anche lui dal PSG come grande acquisto e che invece, alla prima stagione, faticò per ingranare prestazioni pesanti; bisognerà aspettare per dire se veramente sarà stato solo un abbaglio.

Pesa, all'appello, il disinteresse nel ricercare un uomo di classe in cabina di regia: De Rossi fa ancora il De Rossi, ma l'età avanza ed è evidente che serva qualcuno dietro che possa farne le veci al bisogno, ruolo che non può certo risiedere nel nome di Cristante, tantomeno in quello di N'zonzi.

In avanti: la cessione di Salah la più discussa, tanti rimpianti se si guardano i numeri del velocista egiziano negli ultimi due anni. Pesa ancor di più, poi, se si pensa che a Roma non sia mai approdato un vero e proprio sostituto dal grande nome.
Nella prima estate di mercato Monchi corteggia a lungo Mahrez, l'algerino vuole la Roma ma la Roma, probabilmente, non vuole abbastanza lui. L'acquisto sfuma e Monchi è costretto ai ripari; inevitabile, quindi, che l'acquisto di Schick faccia nascere poi dei malumori, visto da molti come un'operazione conclusa più per mettere a tacere la piazza piuttosto che per funzionalità: in una Roma che ha trovato in Dzeko uno tra i fuoriclasse europei nel suo ruolo, 42 milioni potevano venir spesi per un esterno d'attacco di ottime qualità. Ruolo che, checché se ne dica, non si addice all'attaccante ceco. Va precisato, però, che a far discutere è appunto la funzionalità e per certo non il bagaglio tecnico del ragazzo: le qualità del centravanti ventiduenne vengono riconosciute da tutti, manca ancora una forza mentale che però sembra essere in crescita; serve tempo e non tutto è da buttare.

Ottima l'intuizione su Under, senza ombra di dubbio; sicuramente l'acquisto del talento turco non era nei piani un acquisto volto alla titolarità, piuttosto un gioiello da alternare al colpo stile Mahrez poi mai arrivato, né alla prima estate né all'ultima. In ogni caso, comunque, una piacevole scoperta. 
Per nulla male, al contempo, l'investimento su Kluivert.

In conclusione, sull'esperienza di Monchi nella Capitale si può disegnare una doppia faccia.
La prima, quella dei grandi nomi mancati e mai approdati a fronte di addii pesanti; addii che hanno sicuramente dato alla squadra un volto notevolmente meno internazionale, inutile sottolineare che in ottica europea pesano le assenze d'esperienza di pedine come Salah e Nainggolan. E a Monchi va imputato questo.
L'altra faccia, invece, quella dei buoni investimenti per il futuro e degli uomini ,come Pastore, che possono ma ancora non riescono.
Oggi si fatica, ma a Roma si può crescere tanto e il Ds spagnolo ha lasciato questo. 
E chissà, vedremo, magari davvero sarebbe bastato avere un po' di pazienza.

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