| Federico Sborchia | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana...
| Paolo Brescia |
Tra Vardy e il Var, tra quelle due lettere dopo l'assistente tecnologico, passa l'amichevole di ieri a Webley tra Inghilterra e Italia. Da un lato una Nazionale che fa della rapidità degli scambi il suo gioco, tutto settato ovviamente sui campionati mondiali di giugno, dall'altro una squadra che sembra solo assolvere degli impegni ai quali è obbligata a partecipare, in vista di una futura ri-costruzione che comunque non sembra accennata. Non perché Di Biagio non sia bravo o perché gli interpreti a disposizione pecchino in maniera esagerata difettando in qualità (certo, il livello è basso), mapiù per via della mancanza totale di una progettualità. Naturale, col tragettatore non si punta a solcare gli oceani, i traghetti servono per guadare i fiumi. Al limite. Intanto, meglio sicuramente quest'uscita che quella con l'Argentina, ma il cantiere-Italia, è evidente, deve ricevere un appalto sicuro di gestione. Che, per ora, non c'è e nemmeno si profila imminente.
Sulla gara di ieri, due le idee che si delineano. Una, che vuole gli Azzurri molto squadra da compitino: sicuramente con la voglia, ma senza verticalità. Adattando il proprio gioco a quello inglese, in molte parti di gara siamo stati spenti, quando proprio le caratteristiche inglesi ci avrebbero permesso spazi interessanti. Dopo un primo tempo passato a ricucire errori (tranne nel caso del gol, dove la topica è importante) e provare a spingersi oltre il centrocampo (nemmeno un tiro nello specchio per oltre 1H di gioco), la ripresa è condizionata da deboli tentativi di reazione. Dividendo in due la seconda frazione, arriva l'altra idea. Nella prima parte (primi 20') l'Inghilterra ha tenuto palla oltre il 70% del tempo, nella seconda il possesso è stato appannaggio dei nostri. Ecco, qui è quando si è visto in campo Chiesa, quando Insigne ha fatto salire i giri. La differenza è il lavoro fatto sulla punta, perché con Immobile in campo nonostante un suo lavoro di continuo movimento il gioco dei centrocampisti sul laziale è stato troppo pretenzioso, troppo legato ai lanci lunghi. Con Belotti, più sponde per gli esterni, che hanno dato vigore alla spinta azzurra. Un buon cambio di Di Biagio. Da questo atteggiamento arriva il rigore var-fischiato. Il pari c'è tutto, mancano le basi perché queste ed altre sfide diventino vittorie.