| Federico Sborchia | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana...
di Paolo Brescia-VAVEL
Il miracolo strozzato. La voglia di spaccare tutto, di rinascere in europa proprio dal Bernabeu che già due aveva consacrato il nome di Roma, la voglia di imporre il proprio gioco ad un team di marziani. E poi, la realtà dei fatti, che si presenta sfumata, ma con caratteristiche non del tutto diverse dalle aspettative. Spazziamo via il primo dubbio: la Roma non si è qualificata, no. Il dato è noto, ma ripeterlo e ripeterselo più volte fa all'uopo nel nostro discorrere in queste righe.
Il match dei tanti campioni è deciso 2-0 da Cr7 e James (4-0 l'aggregate score).
Perché nel calcio, più dei tanti "arrotolamenti" (e le parole le prendiamo in prestito da Spalletti), si passano i turni, si vincon le partite, si arriva in fondo. Perché il calcio un giorno ti mette di fronte ad un passaggio del turno Champions col minor numero di punti e col maggior numero di gol subiti, oltreché con un match squallido come fu Roma-BATE Borisov 0-0; un altro giorno, questo amaro eppure sublime sport, ti pone davanti ad un ottavo da incubo, reso delicato e posto su di un piatto argentato dagli episodi, dal modo in cui incredibilmente girano partite così. Ed è lo stesso calcio, con la complicità innata di chi nel DNA ha scritto "Roma", a decretare che non è il tuo momento, non è ancora arrivata l'ora del cinismo, l'ora delle vittorie-miracolo e della gloria europea.
Non arriva quest'ora quando in 180' capita che il Real non abbia grinta sufficiente a spezzare le gambe giallorosse, concedendo ai capitolini almeno 6 nitide occasioni per annullare i record di Navas. Prima l'arbitro, poi l'imprecisione (due Salah, un Dzeko), poi lo stesso estremo difensore (su Florenzi, Manolas, Perotti).
Ma deve arrivare, quest'ora. E gioire per "averne presi solo due", citando sempre Spalletti, sarebbe folle. "Guai a voi, romanisti ipocriti, che pensate ad una Roma che si crogiola nella delusione di non aver sfruttato le occasioni che diventi però al tempo stesso autostima per averle create". Quella era un altra Roma, tutt'al più. Cosa insegna, oggi, Spalletti? Insegna che la Roma deve credere di poter arrivare al livello delle "aliene". Il "Real non è poi cosa irresistibile", ancora il toscano. E oggi "dovevamo e potevamo agguantare la qualificazione". La quadratura del cerchio passa, è indubbio, per la perseveranza. Continuare a sbattere il capo contro le potenze d'europa, continuare a giocarla, questa Champions. Il campionato torna sovrano delle ambizioni giallorosse, torna LA competizione, dove in gioco c'è quindi proprio quel continuum che prende il nome e la forma di una coppa dalle grandi orecchie. La Roma non è fatta per lei? Oggi, ancora no, ma qualcosa ci dice che i miracoli alla fine emergono, ritornano. Un giorno, sì, ma non è questo il giorno...