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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Ritrovare l'identità


"Demotivati", "Stanchi", "Pigri", sono tutti aggettivi accostati dalla stampa tedesca al Bayern di Ancelotti. Cosa non va?

L'ombra di Guardiola. Getty Images

Nel 2013 la società bavarese ha osato di sperimentalismo, chiamando Guardiola sulla panchina. Abbiamo visto il Guardiolismo applicato ad una squadra che aveva fatto del pressing il marchio di fabbrica: dal 4-2-3-1 al 3-3-3-1, un trauma. Un trauma, come per Hitzfeld (e per i tifosi che gli diedero ragione), che l'anno scorso si lamentò della snaturazione del Bayern, tramutata da squadra tedesca a spagnola (tatticamente e per la rosa). Simbolo di tutto ciò la relegatio di Schweinsteiger, che suscitò non poche proteste da parte dei supporters.

L'esperimento folle di Rumenigge è riuscito a metà, il gioco della squadra è stato delizioso negli ultimi 3 anni, ma eccessivamente dirompente con la tradizione tattica della squadra, e secondo i tifosi fine a se stesso, troppo rigido e poco malleabile per le diverse partite da affrontare, assumendo una mentalità poco costante: simbolo l'eliminazione per mano dell'Atletico in Champions, la squadra non è stata adattata per affrontare un avversario catenacciaro, ma Guardiola ha insistito sugli stessi principi di palleggio.

Carletto è stato chiamato proprio per questo: riportare la mentalità che c'era sempre stata. Appena arrivato, si è adattato alla rosa a disposizione e ha formato il suo solito 4-3-3, simile al classico 4-2-3-1 bavarese, con la differenza che ci sono più equilibri a centrocampo, manca l'incontrista avanzato dietro la punta che non può essere posizionato al momento perchè è una squadra forzata al palleggio. Ma prima o poi tornerà questo aspetto arrembante.

Per riportare la squadra all'identità perduta ci vorrà tempo, perché per ora, dopo un inizio quasi scintillante, sono arrivati degli scivoloni, cosa insolita per  Bayern. Una parte della tifoseria si è lamentata, persino Neuer e Boateng lo hanno criticato, e questo può essere un emblema del fatto che la mentalità cinica e tedesca è stata forzata e lacerata. Per fortuna c'è il buon vecchio Frank Ribery a raccogliere l'ambiente.

Bavaresi, seguite Ancelotti, e non ve ne pentirete.

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