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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Juventus e Roma, rivalità continua

| rio_alve |

<<Al cuore, Ramòn, al cuore!>> forse è la battuta più nota di quel capolavoro che è stato “Per un pugno di dollari”. Il Ramòn protagonista della nostra storia però non è certo il messicano dalla barba incolta interpretato magistralmente da Gian Maria Volonté bensì un ragazzotto di Varazze che all’anagrafe risponde al nome di Maurizio Turone detto per l’appunto Ramòn. Maurizio Turone era stato un buon giocatore, di ruolo difensore, con un palmares di tutto rispetto dove riluce una Coppa delle Coppe targata Milan. Ma proprio come il protagonista di uno spaghetti western, Maurizio “Ramon” Turone, di sfide e duelli finali se ne intende. Protagonista in negativo della Fatal Verona del 20 maggio 1973 sarà ricordato per sempre grazie ad una locuzione ormai immortale: “il gol di Turone”, episodio che inasprì la rivalità tra Roma e Juventus e che ancora oggi non è completamente elaborato, superato. Eh sì perché parlare di Juve e Roma, nella settimana in cui incroceranno per l’ennesima volta le lame, senza un accenno a quell’episodio vecchio di oltre trentasette anni non si può proprio fare.


Del resto, proprio come questo Roma-Juventus anche quello, ma a campi invertiti, cadde alla penultima giornata di campionato: era il 10 maggio del 1981 e sotto un diluvio primaverile la formazione bianconera e quella capitolina si giocarono lo scudetto. Alla vigilia la classifica vedeva la Juventus avanti di un punto obbligando la Roma a fare bottino pieno per scavalcarla in graduatoria. Ne uscì una partita dura con molti ammoniti ed un espulso ma il risultato non subì variazioni a tutto vantaggio dei bianconeri. Ramòn Turone nella sua carriera realizzò quattro reti in serie A. Quattro e non cinque perché la quinta venne annullata dall’arbitro Bergamo su segnalazione del suo primo assistente per un presunto fuorigioco che le immagini dell’epoca non riuscirono mai chiaramente a confermare. Le proteste che seguirono questo episodio nei giorni e nei mesi successivi arrivano con il loro eco fino ai nostri giorni regalando legittimamente alla sfida Roma-Juventus il titolo di classica del calcio italiano.


Ma se ancora oggi parliamo di un episodio così risalente non è solo per il clamore che all’epoca scatenò la decisione di Bergamo né per la propulsione che la rivalità tra giallorossi e bianconeri ricevette in cambio. In realtà, per chi vi scrive, la sfida tra Juventus e Roma è forse una delle ultime contese romantiche legate al mondo del pallone.


Del resto la sfida tra Roma e Juventus ha infiammato le domeniche italiane per una buona parte dei primi anni ’80, fin da quando la società giallorossa, da pochi anni nelle mani dell’ingegner Dino Viola, iniziò a contendere ai bianconeri il primato nazionale. Ma quelle stagioni hanno anche un altro specifico peso nel nostro pallone: sono le ultime di un’epoca di foto sgranate, talvolta ancora in bianco e nero, sono gli anni della riapertura delle frontiere agli stranieri che mancavano dal nostro campionato da oltre un decennio per via dell’eliminazione degli azzurri nel mondiale britannico del 1966 ad opera dei nord coreani. 

Non solo: sono gli anni dell’approdo degli sponsor, prima quelli tecnici con un limite di pochi centimetri quadrati infine quelli commerciali. Le società cominciarono a rivisitare tutti i loghi e stemmi societari, svecchiando ed introducendo nuove soluzioni estetiche anche in rottura con il passato. Insomma, il calcio come lo conosciamo ora nacque proprio in quel periodo e proprio mentre iniziava a prendere corpo, contestualmente, iniziava a far calare il sipario su un’epoca che ora ha il sapore romantico della nostalgia e del ricordo. Nelle case degli italiani le tv in bianco e nero iniziarono a lasciare il posto a quelle a colori e se non siamo ancora ai fantamiliardi del Milan (distanti ancora solo pochi anni), alle tv satellitari e agli ingaggi faraonici, be’, agli elementi che poi vi condurranno, questo sì, siamo vicini.

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