| Federico Sborchia | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede
| Paolo Brescia |
Ci sono stati alcuni minuti in cui qualcuno avrà pensato ad una storia romantica da raccontare. Una storia di fine stagione per sognare, per dare spazio ai più reconditi pensieri, alle nascoste fantasie di primavera. E invece.
Niente reds, la coppa è ancora a Madrid, praticamente sede ufficiale del trofeo, dato che le grandi orecchie non si smuovono dal paseo della Castellana, dato che a vincere sono ancora e sempre i blancos. Ogni partita, però, ha la sua storia, e anche questa finale ci lascia i suoi spunti.
Primo dato. Il calcio e le sue sliding doors, leggi perenni. Salah che ha letteralmente trascinato i suoi fino a Kiev, si ferma dopo 25 minuti. Si discuterà e si è già discusso sulla correttezza di Ramos, resta la sensazione di aver visto una gara mutilata per il Liverpool, che ha dovuto abbassare il baricentro di molto, mancando di proposte offensive proprio nella zona del campo più complicata da gestire per il Real: la spinta dei primi 20 minuti dava infatti l'impressione che potesse esserci un copione tutt'altro che scontato.
L'attenzione difensiva- ancora a folate - del Liverpool. Klopp ha sicuramente impostato meglio del resto del cammino la sua gara difensiva. Sia perché in una finale sbagliare è letale, sia perché aveva di fronte una squadra che fa delle ripartenze il piatto forte. Ronaldo, diciamocelo, è stato bloccato benissimo, Benzema non ha avuto respiro. Ma con Bale, non c'è stato modo: Zidane ha avuto il giusto intuito di inserire un giocatore di corsa a Milner distrutto, a Robertson claudicante, ad Arnold affaticato. E' così che si vincono alcune gare. Insistendo nella spinta ragionata e poi affilando l'artiglio magari aiutati dalla panchina di qualità. Il Liverpool è ancora troppo episodi e cuore, non talento e completezza. La Champions ha altri canoni.
E poi, le imprevedibilità: il pari di Manè è imprevedibile, come lo è la doppia papera di Karius (i maligni lo avevano detto, però): e allora chi è più forte delle imprevedibilità? Non c'è una teoria generale. Non c'è un modo di reagire univoco. C'è il modo di giocare le finali di Champions che ha il Real e poi quello di tutti gli altri. In un modo, la Coppa la vinci, e quel modo è il primo.
Quello blanco (13esima, ennesima finale vinta), quello di Zizou (primo nella storia con 3 UCL di fila in bacheca). E il resto (le vicende arbitrali, le parole spese, le tante giuste lamentele) viene anche oggi sopito. E' il giorno del trionfo.