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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Eterno Buffon

| Lele Aglietti |

La storia, quella del calcio, immortale.
E poi il tempo, la più grande delle sentenze.
Sabato pomeriggio hanno deciso in qualche modo di incontrarsi, storia e tempo. Col tempo che, come un vento, inesorabile, soffiando chiude qualche porta in faccia alla storia, di tanto in tanto e quando ritiene sia ora.


Soffia piano, senza invadenze ma con la forza che basta per far sventolare ancora per poco una bandiera.
63 minuti, poi è solo passerella. Gigi esce, il sipario cala, il gioco fermo per cinque lunghi minuti in cui forse, in fondo, c'è tutto: le gioie di una carriera memorabile, il Mondiale vinto da protagonista, l'ultimo lungo ciclo Juve, tutte riflesse nel lusingato sorriso del ricordo, ogni qualvolta lo Stadium lo chiami; le sofferenze più grandi, il baratro della B, e l'infortunio alla schiena quasi da sentenza per una carriera, che invece scoprirà avere ancora una vita davanti a sé.

Il popolo lo acclama, in modo persistente, continuo, reso partecipe dello spettacolo quando gli viene chiesto di saltare: Gigi chiede un attimo di pazienza, poi accenna un balletto nel rispetto della figura che rappresenta. Si è da esempio sempre.
L'esempio della gratitudine e della modestia quando uno dei più forti decide di scendere le scale della cadetteria, e di umanità quando a Cardiff emerge il dispiacere sottoforma di grosse lacrime; di rispetto quando allo stesso modo si scusa, sentendo la responsabilità addosso di non aver fatto abbastanza, leader.
Esempio di temperanza e classe, quando ai microfoni le domande diventano scomode e vorresti solo girare i tacchi, per tornare nella finta solitudine dello spogliatoio.
Esempio di estrema professionalità, poi, quando si lascia la vita privata lontana dai riflettori, ricordando l'immagine che si ha e quindi curandola quando, da esseri umani, si sbaglia e poco basterebbe ad intaccarla.
E l'esempio, poi, che si può cedere alla sofferenza e mostrare pubblicamente le proprie debolezze, perché a volte è complicato trattenere. Togliendo per una volta il mantello della perfezione, probabilmente sbagliando, ma forse mostrando finalmente di essere, come tutti, imperfetto.

E' un taglio netto nella vita di molti: un bambino piange vicino al papà, come alla sconfitta del suo supereroe preferito; piange un signorotto sui settant'anni, che nel tunnel dei ricordi forse sente il tempo soffiare forte; scende una lacrima a me, mentre seduto sul divano ripenso ai pantaloni bucati tentando parate plastiche, urlando Buffon, e a mia madre che mi guarda con occhi di fuoco. Eppure, sabato s'è commossa anche lei.
Lo ha fatto davanti ad un'immagine precisa, insolita.
Buffon esce, prende gli applausi di tutti, poi si siede a riflettere: l'impressione è che non voglia far passare la partita come uno sciapo sfondo del tutto; poi, però, è forte il richiamo del popolo.
Un veloce pit-stop negli spogliatoi, il bisogno di un ultimo, intenso momento di solitudine, quella dei numeri 1; il resto poi è storia.
Un tour dello stadio tra le braccia della gente, letteralmente, come nessuno ha mai fatto, per urlare un Grazie che nessuno in quel momento può sentire. E gli occhi lucidi della gente stupita che, amando questo sport, è consapevole dello spettacolo unico e indimenticabile.

E' un Grazie, forse, a chi ha sempre tenuto le distanze, dalle dicerìe e dai giudizi, dall'ignoranza e dall'ipocrisia. 
E a chi non si è mai schierato dalla parte di chi, altezzoso, parlava di un Buffon finito.
Che oggi finisce realmente, ma con il suo modo e a suo tempo, con la grandezza di chi sa riconoscere il momento più giusto per essere ricordato col solo ed enorme rimpianto, ma mai da intralcio.

Perché la storia del calcio alla fine non ha tempo, e si rinnova. 
E da oggi ricomincerà ogni volta che un bambino urlerà "Buffon", poco importa se sull'asfalto, sulla ghiaia o sul divano di casa... risuonerà a lungo, in eterno.

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