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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Tanto orgoglio, zero concretezza

| Lele Aglietti |

Bisogna dirlo, l'orgoglio stavolta non manca.
Anche il Napoli vede chiudersi le porte dell'Europa ma è giusto dire che lo faccia chiedendo un rispetto oggettivamente dovuto.


L'approccio non è sbagliato e il Napoli ci prova, al San Paolo, a fare la voce grossa sull'Arsenal; e nel gioco poi forse ci riesce pure ma manca concretezza. Concretezza che emerge, invece, nel gol un po' spietato di Lacazette su calcio piazzato, che decide la partita e la decide proprio nel momento in cui il Napoli probabilmente ci stava credendo di più. 
Ma questo è il calcio.
Nel complesso il Napoli crea e c'è tanto da raccogliere da quel che resta; i fischi all'uscita di Insigne non danno merito ad una partita di spessore dell'attaccante napoletano, spesso protagonista di decise percussioni sulla sinistra e di tanta qualità nel servire i compagni; paga anche lui il conto poi quando si parla di concretezza, sotto porta spesso spento.
La concretezza, quindi, è un po' la chiave del tutto.
Perché alcune cose è giusto sottolinearle ed è bello farlo anche se sono state ripetute migliaia di volte: il Napoli sa divertire, gioca bene e non è cosa che nasce dal nulla; e l'Ajax insegna, non sono necessari grandi nomi a volte per compiere imprese, magari basta solo credere nelle proprie capacità.

Allora il problema potrebbe essere un po' questo: essere forti e non essere convinti o consapevoli di esserlo; essere partiti all'origine con una squadra che aveva ben poco di internazionale, esserlo diventati e non esserne ancora pienamente consapevoli.
Ed è un'ipotesi che sembra banale ma lo è di meno se si guarda la partita coi Gunners:  basti richiamare l'attenzione sull'intelligenza tattica di Zielinski, oppure sui cross praticamente sempre insidiosi, numeri alla mano, di un Ghoulam che riprende fiducia; sulla presenza di un centravanti che sa muoversi in area di rigore e che nella serata di ieri semplicemente becca una giornata storta; la voglia propositiva di Ruiz e la conferma, mai in dubbio, di un pilastro difensivo come Koulibaly, giocatore che a volte sembra essere a tuttocampo e che, volendo essere obiettivi, in poche squadre scalderebbe la panchina.


L'Arsenal dalle parti di Meret ci arriva poche volte; vero, sicuramente, che non era obiettivo primario degli inglesi considerando il vantaggio, ma a fronte di ciò gli uomini di Emery non riescono a difendersi come dovrebbero. Il Napoli in porta ci arriva e se non segna non è per merito altrui, anzi sempre per demerito proprio: Milik sciupa due volte davanti a Cech, lo stesso Insigne regala praticamente un passaggio al portierone ceco e così Zielinski e Ruiz non sfruttano, in alcuni casi, lo spazio creatosi in certe situazioni per colpire lo specchio da fuori.

E' il resoconto di una partita a senso unico, giusto poi il risultato che nel calcio non è mai sbagliato: vince chi la butta dentro una volta in più.
Così come non è sbagliato il progetto Napoli, fondato sulla continuità del gruppo e sull'innesto di giovani, e che va avanti così già da qualche anno. 
Ma se la domanda veramente fosse:"Cosa manca al Napoli?", beh, probabilmente la risposta potrebbe essere esattamente questa: al Napoli manca l'estrema consapevolezza di essere oggi Napoli, una squadra partita da zero, diventata internazionale e che forse, molto semplicemente, se ne deve solo accorgere. 
C'è già un Carlo Ancelotti, basterebbe forse qualche innesto carismatico, che sopra ogni altra cosa è quello che oggi manca di più.

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