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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Italia di rincorsa

di Luca Gregorio




Prima l'Inghilterra, poi la Spagna, poi il binomio Inghilterra-Spagna e ora la Germania. L'Europa, di recente, ha avuto questi padroni. E l'Italia? Il ritardo culturale, ancor prima che sportivo, è palese e, negli ultimi anni, si è quasi acuito. I motivi? Tanti e vari, come sempre. Dagli stadi alla filosofia spesso cervellotica dei presidenti, passando per una scarsa gestione dei settori giovanili. Oltre al poco appeal di strutture e campionato, con sempre meno campioni e con mezzi di comunicazione sempre più tesi all'esaltazione della polemica più che del lato prettamente legato al gioco.
ilmessaggero.it
La questione, ovviamente, è complessa e ardua di decifrare. Senza essere ingenui e ipocriti, c'è da considerare anche la questione economica. I top club (Real, Barca, Chelsea, United, Bayern, City e oggi anche il Psg) hanno decine di milioni di euro da spendere in più rispetto ai nostri. Queste società sono storiche, non passeranno mai di moda e difficilmente crolleranno in termini di immagine e di ritorno economico. L'austerity sta bloccando lo sviuluppo del nostro calcio e, eticamente parlando, questo non è che sia per forza un male. Certo non ci permette di colmare il gap con gli altri paesi. Facendo però una considerazione: Premier e Bundesliga sono prodotti affascinanti, vendibili, con stadi sempre gremiti e un marketing di alto livello, ma sportivamente vincono sempre le stesse squadre (più o meno). Situazione ancor più esasperata in Spagna, dove Real e Barca fanno gola e fanno sempre notizia, ma dietro hanno il vuoto (guardatevi, per curiosità, le classifiche finali degli ultimi 5-6 anni e analizzate il distacco con la terza). Domanda: un campionato così è divertente? Non credo. In Italia probabilmente si è abbassato il tasso di spettacolarità, ma l'incertezza e le insidie che ci sono dietro ad ogni partita è reale. Vero che poi, anche a noi, lo scudetto va nel 90 per cento dei casi a una fra Juve, Milan o Inter, ma sicuramente le partite con risultati inaspettati sono molto maggiori in serie A che non negli altri campionati.
Da qui la mia impressione che il nostro limite sia veramente di natura culturale: in Italia siamo specialisti nel non saper valorizzare le cose che abbiamo, siamo ingarbugliati in problematiche burocratiche, ci pestiamo i pedi l'un l'altro e siamo anni luce indietro quanto a marketing, pubblicità e vendibilità del nostro prodotto. Le soluzioni sono sotto gli occhi di tutti, tutti ne parlano ma nessuno se ne occupa. La Juventus, in questo senso, ha provato a tracciare la strada e il ritorno sportivo è stato immediato. Ma anche i bianconeri hanno dimostrato di essere ancora indietro rispetto al G8 europeo. Dunque, che fare? La luce, la speranza ce l'ha data il Borussia Dortmund. I gialloneri hanno attraversato anni di buio e mestizia, poi hanno deciso di rifondare, valorizzando semisconosciuti per farli diventare campioni. Naturalmente serve anche un pizzico di fortuna e un "mago", è proprio il caso di dirlo, come Klopp per completare il quadro. Il Dortmund oggi vale 15 volte tanto rispetto a quello di 4-5 anni fa. E se gente come Gotze e Lewandowski ora si muove per 35-40 mln di euro il dato è piuttosto significativo. Morale: si può costruire in casa, ma con un lavoro che richiede pazienza, sinergie e investimenti. Ma il nostro problema principale è proprio la pazienza. Non ne hanno i presidenti, e ancor meno i tifosi. Siamo disposti tutti quanti a fare un passo in questa direzione per avere fra dieci anni un calcio migliore?

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