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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Risposte azzurre

| Lele Aglietti |

Un margine di miglioramento sicuramente c'è ed è ampio,  illuminato dalla luce di un focolare d'orgoglio ancora acceso. Questo è ciò che emerge dalla serata azzurra di Genk: un futuro esiste. Mancini costruisce mattone dopo mattone ed ottiene basi potenzialmente solide sulle quali, però, è ancora presto per dire si possa ergere un castello.

Contro gli americani un passaggio rapido dall'inferno al paradiso, dalla maledizione del gol che aleggia, quasi fino allo scadere, sulla testa degli azzurri, per passare poi all'urlo liberatorio finale, che svela un insolito ma incoraggiante sorriso sul volto di Roberto Mancini.
Tante le novità rispetto all'ultima uscita col Portogallo, non forzate ma volte più semplicemente ad ottenere risposte e nuovi stimoli, dall'esordio di Grifo a quello di Kean, passando per l'ottima prestazione di Sensi, senza ombra di dubbio uno dei migliori e protagonista di un centrocampo che, anche con gli USA, riesce a mantenere senza troppe difficoltà il pallino del gioco. La palla gira facilmente dalla destra alla sinistra, giocando sul corto, con tocchi di prima in mezzo al campo per poi mettere in movimento gli esterni Palmieri e De Sciglio, entrambi particolarmente nel vivo del gioco nella serata belga: l'ex Roma è una piacevole sorpresa, cerca innumerevoli volte la giocata del singolo e altrettante volte riesce ad avere la meglio, mostrando non solo una condizione fisica invidiabile, ma soprattutto un repertorio tecnico in continua crescita; il secondo, invece, presente e ordinato ma senza strafare. Entrambi, comunque, senza ombra di dubbio aiutati da una presenza continua degli esterni più offensivi. Il gioco degli azzurri fa molto leva sulla costruzione del gioco partendo dalla fascia, spesso e volentieri riuscendo a trovare spazio per creare occasioni; due cose, però, sembrano mancare.


La prima, forse la più banale e ripetuta, è una punta caparbia che sappia essere presente per tutto il match: la partita di Lasagna in Belgio è ben interpretata nelle idee, male però nel concretizzarle; e le idee, spesso, non bastano. L'assenza del cosiddetto "numero 9" è qualcosa che probabilmente la formazione azzurra ad oggi paga, tra chi ancora deve combattere l'emozione della maglia che indossa e chi invece malgrado tutto fa quel possibile che però ancora non basta per il salto di qualità.
La seconda ma non meno importanze mancanza, invece, è l'esperienza. C'è l'intraprendenza, esistono gli spunti; manca, poi, il coraggio e la faccia tosta di portare a termine, di osare fino in fondo. E allora non è un caso che Mancini porti con sé gente come Grifo, che con la maglia n.10 sulle spalle e il peso non indifferente dell'esordio, prima tiene ordine in mezzo al campo senza forzare troppo, tenendo lontani i primi commenti degli scettici; poi tante iniziative positive e un gol copertina sfiorato, mettendo a tacere, almeno per ora, le voci di chi ama parlare.


Guardando dietro, il reparto difensivo sembra invece non accusare mai le assenze.
E a Genk c'è qualcuno, in questo senso, che mostra invece esperienza laddove, statistiche alla mano, esperienza non ne ha mai fatta. Sono tre presenze con la maglia azzurra per Francesco Acerbi, poche quelle in Europa eppure fa piacere sottolineare come il pilastro difensivo della Lazio non accusi mai il cambiamento. Ed è ciò di più positivo da cui ripartire.

Le basi, per ora, sono solide.
Ma c'è anche un futuro.

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