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Viaggio in Turchia

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Identikit di Gabriele Gravina



Alla fine è andata come tutti si aspettavano. La politica, applicata al calcio, ha trovato l’accordo, l’elezione è stata quasi una formalità e Gabriele Gravina è diventato, con il 97% dei voti, il nuovo presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio.



Gabriele Gravina, pugliese di nascita ma abruzzese d’adozione, 65 anni appena compiuti, già da oltre un trentennio nel mondo del calcio è il successore di Carlo Tavecchio alla guida della FIGC. Con il presidente che lo ha preceduto condivide sicuramente l’esperienza maturata sui campi polverosi dei dilettanti. Gravina infatti è stato per oltre un decennio il presidente del Castel di Sangro, società del piccolo centro montano di 6700 anime, salito a metà degli anni ’90 alla ribalta nazionale per essere arrivato, con una vertiginosa ascesa, fino alla serie B. Fu considerato, all’epoca, un piccolo miracolo sportivo, rafforzato nel concetto dalla salvezza ottenuta al primo anno nella serie cadetta.


Lasciato il ruolo da presidente di club, Gravina, si è dedicato a quello di capo delegazione per la Nazionale U21 nei Campionati Europei del 2004, 2007, 2009 e nelle Olimpiadi di Atene e Pechino. Nel 2015 è eletto presidente della Lega Italiana Calcio Professionistico, comunemente detta Lega Pro, terzo livello del calcio nazionale, succedendo a Mario Macalli. Durante il suo mandato è stato recuperato il nome Serie C in luogo di Lega Pro che non aveva mai realmente entusiasmato, sono stati introdotti numeri personalizzati e nomi sulle maglie dei giocatori. Si è aperto ai playoff in larga scala (coinvolti i club piazzati fino al decimo posto nella regular season) mantenendo, di conseguenza, viva e vibrante la competizione fino all’ultima giornata. Sul piano economico Gravina è riuscito a rendere solida la Lega che aveva il compito di gestire. Presa con un disavanzo di oltre 700 mila euro la Lega Pro ha chiuso l’ultimo bilancio con un saldo attivo di quasi due milioni segno che abbia saputo far quadrare i conti. Più affannoso il lavoro sul piano economico e amministrativo per i club: fallimenti, penalizzazioni, fusioni pur di salvare nome e titolo sportivo, in un bagno di sangue in cui il neoeletto presidente ha saputo più tamponare che non risolvere, il tutto gravato dalla pesantissima zavorra dello scarso appeal che la terza serie produce in termini di richiamo di sponsor e tv. Chiaramente in meno di tre anni di mandato era quasi impossibile fare di più: alcuni progetti come le squadre B, la riforma dei parametri per la redistribuzione dei diritti tv sono rimasti in stato embrionale, pronti ad essere raccolti e portati a termine dal nuovo presidente di Lega Pro.


Gravina ormai è atteso dalla sua nuova carica. Le linee programmatiche, su cui si è registrata una mirabile convergenza, diventeranno ben presto studio di fattibilità e successivamente novità da introdurre: riforma dei campionati, calcio femminile, l’introduzione della tecnologia, lo stop ai faccendieri che per pochi soldi acquisiscono squadre che poi non hanno la forza mantenere. Mai come in questo periodo il calcio italiano ha necessità di una figura di riferimento che metta esperienza, passione e soprattutto fermezza non limitandosi, ossia, alla mera politica del consenso che, anche fuori dal calcio, sembra sempre di più essere la stella polare per tanti politici improvvisati navigatori.

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