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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Qualità ci eri mancata

| Paolo Brescia |

Qualità, cuore, vittoria. Bello poterlo dire, poter usare la parola che da titolo alle righe che seguono con cognizione e associarla alla Nazionale. Ci sta che il passaggio dalla qualità a una oggettiva bellezza sia lungo, che non sia ancora nemmeno ai primi passi. Ma intanto dalla vittoria in terra polacca, al di la di quello che può darci sul piano della Nations League, con rispetto parlando, passano molti dei desideri futuri per noi e per gli Azzurri.



Un gol, quello di Biraghi, che ha coronato 93 minuti di intensità fin lì però sempre con quel "eh ma non segniamo" sulle labbra, come ad analizzare una spinta italiana tutta dai 50 ai 20 metri, e poi, poco colore in area. Effettivamente, se si escludono due palle gol importanti per i rivali, che potevano davvero gettarci nell'incubo mentale, la partita è stata a tinte tutte Azzurre, con un blocco di idee, perentorio, dentro l'area. Insistendo, lottando, mettendo su azioni più che agitazioni, alla lunga il pallone in porta c'è andato. Lo facevamo prima, possiamo tornare a farlo anche ora, con tutto che la rosa va educata, e che il gioco va assimilato.

Se il primo tempo ci ha detto che a spinta stiamo bene, il secondo ci ha confermato anche la resistenza fisica, ottimo dato. L'amalgama tra "vecchi" (sempre di meno) e nuovi volti c'è, funziona e sembra piacere. Undici esordi in sette partite per il Mancio, una squadra di novizi: c'è bisogno di un bel po' per insegnargli l'Italia. Intanto oggi al ricevimento col Presidente Mattarella gli uomini del marchigiano porteranno in dote 3 punti: repetita iuvant, non si gode per questo (che pure conta, la "Lega B" pare troppo umiliante per la nostra storia), si sorride (ed è diverso) per una ritrovata consapevolezza: quella di poter fare. Di saper costruire senza dover per forza vivere l'ansia del risultato. La costruzione qua è almeno a due anni, il cantiere è aperto e segue i tempi previsti, il direttore dei lavori pare conoscere la road map: agli anziani che guardano da fuori (noi, per restare in metafora) conviene dire che il momento della sfiducia va messo da parte. Ci sono volti freschi e interessanti. E pure se non hanno i nomi che suonano "da nazionale", magari come quelli di un tempo, possono darci delle soddisfazioni. Che non sono l'1-0 in Polonia, questo è un piccolo aperitivo che intanto non strozza.

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