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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Senza Curva un bambino non s'innamora

di Paolo Brescia

Svanita la speranza dei tifosi Roma e Lazio di vedere la parola fine sulla questione barriere. Ieri infatti, in Italia-Nuova Zelanda di rugby, le divisioni erano al loro posto. L'essenza del tifo Romano martoriata. Per quanto ancora?

   
Quantificare è impossibile se a prendere le decisioni sono fantasmi che non conoscono la parola responsabilità, ma si lasciano dominare dalla paura. Paura di far vivere le emozioni forti che il calcio può dare: l'antidoto più forte ai mali del tempo sembra trovarsi proprio lì, nel pallone, eppure si cercano scuse e giustificazioni per avvelenare l'ambiente, che non collabora, vero, ma solo perché non viene data la possibilità. Con quale atteggiamento sprezzante si può chiudere la bocca a chi nella vita vive per un club, a chi mette l'anima in due colori? Quale umanità non sopporta un coro e due bandiere? L'intolleranza nasce da lontano, nasce dalle piccole mutilazioni, perché se è vero che queste non sono questioni nazionali, mondiali, forse sono immagine delle piccole e grandi divisioni che ci portiamo dietro da sempre. Cresce la spaccatura tra forze dell'ordine e tifoserie, crescono le fratture sociali, crescono i dissidi e le difficoltà a riprendere da dove si poteva riprendere. Si alimentano i fattori negativi e si perde la voglia di lasciarsi alle spalle tutto e sostenere i colori fino alla morte. Il tono disfattista si mischia qui a quello epico, perché è questo il sentimento collettivo, la sensazione di una battaglia persa, di un combattimento senza eserciti in campo, fatto di ideologie alla moda, direbbe Lucio, quelle ideologie che non permettono il dialogo ma amano, quello sì, la prevaricazione in nome della moderazione. Quale moderazione può inserirsi nel chiudere le vie alla passione? Chi è moderato oggi deve, perché quasi obbligato, diventare tiepido. E chi è tiepido, non impiega molto a diventare freddo. A quel punto, però, è troppo tardi per rialzarsi.

Cambieremo per tempo?

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