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Viaggio in Turchia

|  Federico Sborchia  | La Turchia è un paese magico, diviso su due continenti e toccato da altrettanti mari. In Turchia potete godervi il fascino immortale di Istanbul, potete sperimentare alcune meraviglie naturali come le terme di Pamukkale e i camini delle fate . Potete anche regalarvi una vacanza di mare ad Antalya o a Bodrum ma soprattutto potete osservare fino a che punto può giungere la decadenza di un uomo e soprattutto di un calciatore. La Turchia è un gigantesco calderone di culture, un crocevia storico come pochi altri e la Süper Lig ne è una degna espressione: un grandissimo mix di giocatori di ogni dove che qua confluiscono quando sentono vicina la fine. In questo viaggio vi accompagneremo di città in città e di squadra in squadra. Adana | Adana Demirspor Adana è ciò che resta della vecchia Antiochia di Cilicia, girando per Adana potete trovare il bellissimo castello armeno di Yılankale ma anche una notevole distesa di grattacieli. Tra le altre cose ad Adana ha sede

Ronaldinho sorrideva sempre

| Ernesto Pellegrini |

Come ricorderemo Ronaldinho?



Qualche giorno fa, passando in un Bar di periferia per un caffé, mi sono imbattuto in un’accesa discussione tra due giovani tifosi di calcio che disquisivano su bilanci e plusvalenze della propria squadra, prefigurando scenari bui, vendite di giocatori top e sicuro ridimensionamento del club per le stagioni a venire.

Ascoltando per alcuni minuti quella discussione e tornando indietro di qualche anno, quando l’incontro al bar con i miei amici di sempre era soprattutto per parlare dei risultati del fantacalcio e commentare le partite domenicali, mi sono reso conto che il gioco del calcio ha perso strada facendo molta di quella favola che lo accompagnava durante ed oltre l’intera stagione per lasciare spazio a freddi numeri, come se lo sport più amato d’Italia sia ormai una sorta di grande industria dove fatturati ed utili siano l’unica cosa che conta.



Sono forse un inguaribile romantico, colui che si è commosso all’addio al calcio di Maldini, di Zanetti, di Del Piero e di Totti, colui che si stropicciava gli occhi davanti alle incredibili geometrie di Xavi, alla potenza di fuoco di Adriano, ai cross pennellati di Beckham, colui che ha sempre creduto che per gestire una società di calcio bisognava avere certamente soldi ma anche idee e cuore, quelle di un Presidente che era ritenuto da tutti come il primo tifoso della squadra.

Mentre la generazione attuale si godrà le meraviglie di Neymar, Dybala e gli ultimi anni di carriera di Ronaldo e Messi, la mia, quella dei quasi quarantenni, vive quella fase in cui la parola “ritiro” si affianca sempre più spesso ai campioni degli ultimi 2 decenni, e seppur in qualche modo ci diciamo pronti a quel momento in cui la notizia diventerà ufficiale, in realtà il fatto di sapere che la recita è finita e che scende il sipario ci coglie inevitabilmente di sorpresa, quasi increduli, perché quel momento chiude in modo definitivo il nostro legame col passato di adolescenti.

Nel gennaio scorso, ormai lontano dai palcoscenici più importanti del calcio giocato e svincolato dopo una brevissima parentesi non fortunata al Fluminense, ha annunciato il ritiro dal calcio Ronaldo de Assis Moreira, per tutti più semplicemente Ronaldinho, uno dei talenti più puri e cristallini mai visti su un campo di calcio, uno di quelli (pochi ad esser sinceri) che non aveva bisogno di allenamenti, gradoni e ripetute per essere nell’undici titolare, tale era la sua superiorità tecnica.

“Juega con alegria, juega libre” 

Questo è stato da sempre il suo motto, poche parole per mostrare quale fosse lo spirito che accompagnava ogni sua partita, ogni suo gesto, ogni sua giocata, perché in fondo Ronaldinho è stato testimonial di uno sport lontano da quello attuale, dove la vittoria è la consacrazione definitiva del calciatore : per lui il calcio è puro divertimento ed ogni sua apparizione, fuori ma soprattutto dentro il campo, ne era dimostrazione, un evento da vivere sempre col sorriso stampato sul viso.

Eppure il brasiliano, tornando indietro di qualche anno, ne avrebbe avuti di motivi per avercela con il mondo, uno su tutti certamente l’episodio che visse all’età di otto anni quando, nella casa donata dal Gremio alla sua famiglia per convincere il talentuoso fratello Roberto a non cedere alle lusinghe del Torino, perse il padre, un muratore ed ex calciatore professionista che aveva insegnato al
piccolo Ronaldinho una regola fondamentale da seguire in campo “Gioca il calcio più semplice possibile”.



Dopo l’esordio al Gremio come il fratello, ritenuto da tutti il vero fenomeno di casa Assis e fermato troppo presto da un grave infortunio che limitò fortemente la sua carriera, Ronaldinho arriva in Europa da una porta secondaria, non c’erano infatti le Big di inizio nuovo millennio ad attenderlo (nonostante le offerte faraoniche del Real, dell’Inter e soprattutto del Leeds United che arrivò, secondo alcune fonti, a più di 80 milioni) ma il modesto PSG non ancora di proprietà Qatariota e guidato da Robert Buigues. Con il suo arrivo la squadra della capitale francese cresce notevolmente ed il brasiliano si impone in modo devastante, giocando un calcio fatto di dribbling, accelerazioni, no-look ed il suo marchio di fabbrica, l’elastico, con il quale mette a sedere avversari come birilli.

Nella sua cariera successiva c’è però un immagine, per essere esatti un video, che più di ogni altro racconta il Ronaldinho calciatore ed il suo enorme talento. Il 3 settembre 2003 in Spagna si gioca un turno infrasettimanale di Liga, un appuntamento però che si incastra con le convocazioni in Nazionale e soprattutto con la richiesta della Federcalcio Brasiliana di veder partire i convocati proprio il giorno del match.

L’allora presidente del Barça Laporte, chiamato a risollevare le sorti della squadra Blaugrana che subiva da troppi anni lo strapotere dei Real dei Galacticos, non intende rinunciare all’esordio casalingo del gioiello più prezioso della sua campagna acquisti contro il Siviglia e
riesce a trovare un’incredibile soluzione : si gioca il 3 settembre ma con fischio d’inizio alle 00:05!

Il cronometro segna il minuto 59 ed il Siviglia è avanti nel risultato con un gol su rigore di Reyes. Il giovane portiere della preziosa cantera del Barcellona Victor Valdes serve con le mani Ronaldinho che quasi sulla linea di centrocampo, defilato sulla sinistra e con molto spazio davanti accelera, punta e salta in rapida sequenza e senza alcuna difficoltà prima Martì e poi Casquero con due dribbling a rientrare. Lontano 10 metri dall’area di rigore ed con il solo Sergio Garcia che accompagna l’azione, il brasiliano decide di fae tutto da solo, alza lo sguardo, da un’occhiata al portiere Notario prima di esplodere un destro micidiale che tocca la traversa prima di infilarsi alle spalle del portiere.



Delirio al Camp Nou.

Gli oltre 85.000 tifosi accorsi allo stadio esultano increduli davanti alla prodezza di Ronaldinho, Mister Frank Rijkaard in piedi davanti alla panchina e con le mani ai capelli, non sembra credere a quello che ha appena visto, non sa che quel gol è solo l’inizio di una fantastica storia d’amore, condita da vittorie, partite indimenticabili e magie del fenomeno brasiliano (come dimenticare la doppietta in casa dei blancos con i tifosi avversari in piedi ad
applaudire?).



Ci sarebbe bisogno di un libro per raccontare quanto fatto da Ronaldinho nel mondo del calcio, non solo con il Barça ma anche con la Nazionale Brasiliana ed il Milan, per lui parlano i tanti titoli vinti e il pallone d’Oro nel 2005, ma Ronaldinho è sempre sembrato estraneo al prototipo di giocatore costruito ed alla ricerca della vittoria, per il brasiliano il divertimento è stato l’aspetto più importante della sua carriera, quello stesso divertimento che attirava i tifosi allo stadio mezz’ora prima dell’inizio del match per ammirare le sue prodezze durante il riscaldamento.

Ed in fondo è proprio questo il ringraziamento che tutto dovremmo a Ronaldinho, l’averci regalato un calcio pulito, strabiliante e allegro, proprio come il suo sorriso, quello che lo ha sempre
accompagnato durante la sua incredibile carriera.

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